mercoledì 26 novembre 2008

Lussuria

Del trionfo di Vladimiro all'isola dei famosi ne hanno parlato tutti i media, non voglio aggiungere nulla, bisogna però sottolineare che se una tv per deficienti ha tanto successo vuol dire che ben ci meritiamo l'attuale primo ministro, che di questo genere di spazzatura ne è il primo beneficiario nonchè artefice, lui deve infatti a questo genere di programmi, da sempre caposaldo delle sue tv, il proprio successo economico e politico.
Non critico per questo Vladimiro per la sua appartenenza politica o per i suoi gusti sessuali, questi sono solo affari suoi, ma che una coda di fanatici fans, ora lo acclami e lo porti a simbolo di rivendicazioni o vincitore di pregiudizi mi fa solo ridere.

Da Repubblica

Luxuria: "Altro che trash
ho sconfitto i pregiudizi"

di SILVIA FUMAROLA


Luxuria: "Altro che trash ho sconfitto i pregiudizi"
ROMA - L'Arcigay esulta "vittoria rivoluzionaria", per il circolo omosessuale Mario Mieli "ha sconfitto i pregiudizi", Liberazione si spinge oltre "Vladimir come Obama?", sottolineando che "con Vladimir all'Isola si rompe il tabù dell'eterosessualità a tutti i costi".


Condivido quanto scrive sul suo blog Agora di Cloro:
Viene voglia di bestemmiare leggendo queste cose su Liberazione e l’eco che fanno a simili elucubrazioni le decine di blog sul tema. :-o

“Forza Vladimir hai vinto tu” dice Liberazione, ravvisando nella vittoria di Vladimir Luxuria all’isola dei famosi un importante risultato avente valenza politica.
Per quel che mi riguarda, straquoto il blog di Candido che in poche parole esprime ilmio pensiero (copioincollo):

Questa che vedete qui sopra è la prima pagina di oggi del giornale COMUNISTA “Liberazione”. Ora dico io, con tutte le notizie possibili da pubblicare si puo dedicare una mezza prima pagina alla vittoria di una persona in un reality show? Ebbene si, il giornale “vendoliano” diretto da Piero Sansonetti, dopo la richiesta di grazia per Anna Maria Franzoni riesce ancora a stupire. Che Vladimir Luxuria sia stata deputata del Prc e che tuttora faccia parte del partito, che rappresenti un mondo (quello dei transgender) ancora poco conosciuto ed anche ghettizzato, non giustifica una simile presa di posizione. Di Vladimir Luxuria si dovrebbe parlare nel caso in cui si renda portatrice di proposte concrete e non per una sua partecipazione ad una trasmissione televisiva.

E poi si chiedono perche han preso il 3% alle scorse elezioni?

Ma veramente: piu’ di tante analisi e controanalisi fatte a tavolino e nelle riunioni, questo fatto riassume con la piu’ cristallina chiarezza il perchè ci troviamo in ’sto mare di merda con Berlusconi che in molte parti d’Italia, presso innumerevoli persone è acclamato come un dio.

Sorge nel mio animo complottista un pensiero: che tanta idiozia, tanto trash mentale, tante considerazioni che oscillano tra il banale e lo stupido non siano casuali, ma progettate a tavolino con chi è complice con quello stesso potere che scorreggia cazzate per bocca di Berlusconi o di Simona Ventura che, pur lavorando in contesti diversi, esprimono gli stessi significati.

Perchè non è possibile che quella medesima sinistra che comprende (giustamente) chi esprime le necessità dei transgender, dei gay,lesbiche ecc..che l’ha per ben due volte presa nel gnicco prima con i PACS e poi con i DICO oggi si dica entusiasta per l’esito dell’isola dei famosi.

Siamo messi veramente male come cittadini italiani se chi esprime le istanze reali di questo paese, di tutti i componenti di questa nazione, esultano accontentandosi di un’elemosina del genere dal potere. Se ravvisano in Simona Ventura una mente interessante che puo’ portare avanti la civiltà italiana e sa come farlo. Mi sembra così paradossale e deviante questa convinzione che il mio cervello la rifiuta. Non puo’ essere. C’è un complotto. E forse quest’induzione alla paranoia di chi ci riflette sopra è anch’essa voluta.

Non mi escono altre parole che non comprendano il turpiloquio. Ma una cosa ve la voglio dire, o voi che non condividete il mio stato d’animo: avete memoria corta.

Perchè quando, col governo Prodi Vladimir Luxuria, insieme a tutta una serie di deputati del PD, dette il voto italiano a favore degli interessi del Vaticano e si adoperò favorevolmentequando si trattò di esentare gli immobili di proprietà della chiesa, usati anche per scopi di lucro (librerie ecc..) dall’ICI mentre ancora tutti la pagavano, quest’episodio, dicevo, non ve lo ricordate.

E come aveva fatto scrivere il reverendo Jones sul cartello che accoglieva i visitatori a Jamestown, in Guyana,: “chi non ha memoria, non ha futuro“.

martedì 18 novembre 2008

La fuga dei cervelli

Se il futuro è nei giovani, maledetto è quel paese che fa di tutto per osteggiarli, prima o poi avranno la loro rivincita, e quei vecchi (classe politica) che tanto li hanno osteggiati, dovranno pagare caro il prezzo della loro ostilità. Forse dimenticano di essere stati a loro volta giovani e negando ad altri quelle stesse opportunità che a loro sono state concesse, non fanno altro che danneggiare se stessi togliendo la possibilità di un futuro alle prossime generazioni.

Tratto dal blog di Cattaneo: http://cattaneo-lescienze.blogautore.espresso.repubblica.it/

Mille (e più) testimoni scomodi

Postato in Prospettive, Politica della scienza il 18 Novembre, 2008

Da due giorni, a fasi alterne, mi perdo a leggere le storie di cervelli in fuga raccontate su Repubblica.it. Ormai hanno superato il migliaio, e a ogni racconto che si aggiunge crescono i tormenti, la rabbia, l’incredulità. Non riesco a credere che questo paese – specialmente negli ultimi vent’anni, ma in realtà per tutta la storia repubblicana – abbia avuto una classe dirigente, dai politici agli imprenditori, che ha fatto tutto il possibile per ipotecare il futuro.

Giovani con un dottorato in tasca che da noi non riescono a trovare uno sbocco né in università né presso i privati, che di un dottore non sanno bene che farsene. Qualcuno si ostina a sperare, e fino a quarant’anni “tira la carretta” al suo mentore, di solito un professore ordinario non lontano dalla settantina, guadagnando poco più di mille euro al mese. Mentre il suo compagno di corso, ugualmente brillante, decide di provare l’avventura all’estero. E a quarant’anni si trova in cattedra – in Germania, in Olanda, in Francia, negli Stati Uniti – perché ha avuto i fondi per fare ricerca d’avanguardia, perché ha potuto lavorare, pubblicare, darsi da fare. Perché se qualcuno non lo avesse capito questi giovani stanno cercando un’opportunità per lavorare, non per girarsi i pollici…

Sono tante le cose che ti frullano in mente davanti a tante testimonianze. La prima è che stiamo assistendo a un flusso migratorio imbarazzante per un paese che si vanta di essere nel G8: all’inizio del Novecento, l’italiano che emigrava era quello con le scarpe bucate e la scatola di cartone; oggi sono i dottori di ricerca, gli ingegneri, i fisici, i matematici. In cambio importiamo – e continueremo a farlo, checché lo vogliano i leghisti – badanti, ambulanti e manodopera non qualificata.

Il secondo pensierino è puramente contabile: dato che uno studente, dall’asilo alla laurea, ci costa da 200.000 a 250.000 euro – li costa allo Stato – a occhio e croce solo con questi mille abbiamo regalato ad altri almeno 200 milioni di euro. E non mi sembra che questo paese sia così in salute, sotto il profilo economico-finanziario, da poter permettere omaggi così onerosi.

Poi penso che in altri paesi continua a esserci un’altissima considerazione del lavoro degli scienziati, o meglio degli studiosi in genere. Da noi, invece, sono considerati quasi un fardello. C’è chi invoca di mandarli a lavorare, chi pensa “poveretti”. E mentre i vertici si riempiono la bocca di formule ambiziose come “innovazione” e “società della conoscenza”, la realtà ci vede correre incontro al passato a una velocità sconfortante.

Questa mattina, uscendo di casa, ho trovato una lussuosissima macchina nera parcheggiata in doppia fila accanto alla mia. Full optional, 3500 cc di cilindrata. Mentre cercavo il proprietario per chiedergli di spostarla, dal negozio di fianco è uscito il macellaio sfilandosi di corsa il camice bianco e aprendo le portiere luccicanti con il telecomando. Con tutto il rispetto per un lavoro fatto di sudore e sacrifici, non riesco a fare a meno di pensare che un professore associato in Italia guadagna 1900 euro al mese dopo quattro anni di anzianità. Di solito a questo livello di carriera ci si arriva a cinquant’anni, o giù di lì, e in Università ci si va con una Panda vecchia di dodici anni. Chissà, mi sono detto, magari il figlio del macellaio studierà e, ragazzo brillante e di talento, proverà una carriera universitaria. Per trovarsi, a quarant’anni, a dover fare affidamento sui risparmi del padre – orgoglioso di quel figlio scienziato come mio padre operaio lo era di me – per sbarcare il lunario.

E questo è l’ultimo pensierino della giornata: un paese in cui l’istruzione non è più un mezzo di promozione sociale è un paese condannato al declino.

Ecco poi quanto scrive un premio Nobel italiano emigrato nel 1947 negli Stati Uniti, sono passati ormai 51 anni, ma nulla è cambiato, anzi forse la situazione è peggiorata:

Sulla fuga dei cervelli
è il momento di cambiare

di Renato Dulbecco


HO LASCIATO il mio Paese nel 1947, a soli 33 anni, per gli Stati Uniti, per poter sviluppare le ricerche scientifiche che mi hanno fatto meritare il Premio Nobel per la Medicina, molti anni dopo, nel '75. Oggi mi fa male vedere che, dopo oltre 60 anni, la situazione di crisi della ricerca scientifica in Italia non è cambiata, anzi. Lo dimostrano i più di mille ricercatori italiani sparsi per il mondo che hanno già riposto all'appello di questo giornale e che hanno dovuto, come me, lasciare il Paese per dedicarsi alla scienza.

Il mio rammarico non è una questione di nazionalismo: la scienza per sua natura ignora il concetto di Patria, perché è e deve rimanere universale. Anzi, penso sia importante per uno scienziato formarsi all'estero e studiare in una comunità internazionale. Tuttavia dovrebbe anche poter scegliere dove sviluppare le sue idee e i frutti del suo studio, senza dover escludere del tutto il Paese dove è nato. Ciò che mi dispiace profondamente è toccare con mano l'immobilismo di un'Italia che sembra non curarsi della ricerca scientifica, esattamente come nel dopoguerra.

Come se più di mezzo secolo di esplosione del progresso scientifico fosse passato invano. Chi vuole fare ricerca se ne va, oggi come ieri, per gli stessi motivi. Perché non c'è sbocco di carriere, perché non ci sono stipendi adeguati, né ci sono fondi per ricerche e le porte degli (ottimi) centri di ricerca sono sbarrate perché manca, oltre ai finanziamenti, l'organizzazione per accogliere nuovi gruppi e sviluppare nuove idee. Perché non esiste in Italia la cultura della scienza, intesa come tendenza all'innovazione che qui, negli Stati Uniti, è privilegiata in ogni senso ed è il motore del cambiamento.

Ciò che è cambiato concretamente, rispetto ai miei tempi, è che la ricerca scientifica, spinta dalla conoscenza genomica che è stata al centro del miei studi e oggi rappresenta il futuro, richiede molti più investimenti in denaro e persone rispetto a 60 anni fa. Si allungano così le distanze fra Paesi che investono e quelli che non lo fanno. L'Italia rischia, molto più che negli anni Cinquanta, di rimanere esclusa definitivamente dal gruppo di Paesi che concorrono al progresso scientifico e civile.

Io sono uno scienziato e non ho la ricetta per salvare la ricerca italiana, ma proprio come "emigrato della ricerca " posso dire che i modelli ci sono, anche vicini ai nostri confini, senza guardare agli Stati Uniti, che sicuramente hanno una cultura e una storia molto diversa dalla nostra. Basterebbe iniziare a riflettere dal dato più semplice. Un Paese che investe lo 0,9% del proprio prodotto interno lordo in ricerca, contro la media del 2% degli altri, non può essere scientificamente competitivo né attirare a sé o trattenere i suoi ricercatori migliori.



giovedì 13 novembre 2008

Termovalorrizatori di Silea e Mogliano

Finalmente sono stati presentati i progetti per i 2 nuovi termovalizzatori di Silea e Mogliano, i due fratellini potranno così incenerire tutte quelle sostanze nocive che prima mandavamo di nascosto giù in Campania con i risultati che tutti abbiamo visto, ne saranno felici gli industriali, infatti non a caso la proposta è di Tomat ex presidente degli industriali trevigiani, meno felici sono gli abitanti dei due comuni che probabilmente faranno quanto in loro possibilità per fermare questo nuovo scempio ambientale.
Faccio una proposta ai sindaci dei due comuni ed alle Asl competenti, rilevino le attuali percentuali di tumori che possono derivare dalla contaminazione da emissioni nocive nell'atmosfera, e poi una volta che i due mostri entreranno in funzione, facciano delle verifiche periodiche da pubblicare sui principali quotidiani, così saranno definitivamente chiare a tutti le eventuali responsabilità degli amminsitratori, i quali in caso di rilevanti aumenti di tumori ne dovranno rispondere nelle sedi opportune ed in primis alla loro coscienza.

Dal Gazzettino del 13/11/2008:

Nei termovalorizzatori di ultima generazione più attenzione alle misure anti-inquinamento

Un nuovo progetto per la coppia di termovalorizzatori in programma a Silea e Mogliano. Le relazioni, i prospetti, i disegni e tutte le analisi necessarie sono arrivate nelle sedi comuni, e negli uffici della Provincia, agli inizi di ottobre. Il tutto è stato depositato anche in Regione, in attesa del via libera dalla commissione Via (valutazione impatto ambientale). Unindustria, insomma, rilancia senza troppo curarsi di polemiche e proteste.Il progetto è stato presentato dalla società Iniziative Ambientali srl, guidata dall'ex presidente degli industriali trevigiani Andrea Tomat e con membri del cda del calibro dell'attuale presidente di Unindustria Alessandro Vardanega, del direttore Giuseppe Milan e dei consiglieri Claudio Sironi e Giovanni Salvini.La nuova stesura va a cancellare quella del 2005, bloccata dalla commissione Via che aveva riscontrato alcune carenze, soprattutto dal punto di vista tecnologico. Iniziative Ambientali srl, invece di limitarsi a seguire le prescrizioni arrivate dalle Regione, ha deciso di andare oltre. Ha quindi rifatto il progetto, con un occhio di riguardo per la dotazione tecnologica e per le misure anti inquinamento. Rispetto a tre anni fa non è cambiato molto: le dimensioni sono rimaste le stesse, mentre sono state migliorate le contromisure per eliminare le sostanze inquinanti prodotte dalla combustione. A leggere la relazione descrittiva, il risultato dovrebbe essere un impianto a bassissimo impatto ambientale e con emissioni, nella maggior parte dei casi, inferiori del 50 per cento rispetto ai limiti previsti dalla legge.

I comuni interessati - oltre a Silea e Mogliano, c'è anche San Biagio - comunque non si fidano troppo. I due termovalorizzatori sono da sempre osteggiati dalla popolazione e nemmeno questa nuova versione servirà a far cambiare idea a chi protesta. Da circa un mese le amministrazioni stanno studiando le carte e preparando tutte le osservazioni possibili da portare in Regione. Si preannuncia quindi un duello, l'ennesimo, molto caldo e dall'esito ancora incerto. Ma molto dipenderà dalle decisioni che verranno prese a Venezia.

Il termovalorizzatore, sia quello di di Silea che quello di Mogliano, rimane comunque un'opera imponente. A Silea sorgerà lungo l'autostrada, in direzione Carbonera. Scelta strategica per garantire il flusso costante di camion, anche se poi verrà interessate anche la rete stradale comunale. L'area interessata comprende un terreno di circa 118.800 metri quadrati. La struttura vera e propria, tra cui un camino alto 110 metri e un forno, ne occuperà oltre 47mila. Impossibile non vederlo dall'autostrada. Raccoglierà i rifiuti speciali non pericolosi e ne brucerà fino a 770 tonnellate al giorno. L'elenco dei "rifiuti speciali" è lungo e dettagliato: si va dai rifiuti agricoli, alimentari, ai derivati dalla produzione del legno, delle pelli, delle pellicce e dall'industria tessile in generale, alla raffinazione del petrolio, agli imballaggi, agli scarti della produzione di plastica e molto altro ancora. Ma l'impianto viene definito per sua stessa natura "elastico", quindi in grado di trattare ogni tipo di rifiuto non pericoloso e quindi di far fronte "ad ogni esigenza del territorio". Una sottolineatura che preoccupa non poco i vari sindaci. Il rifiuto bruciato verrà poi trasformato in energia termica utilizzabile per il teleriscaldamento. Ma questo è uno sviluppo futuro visto che non sono ancora state individuate le utenze da "riscaldare". Nel frattempo il termovalorizzatore produrrà energia elettrica. Ma l'idea, vista anche la dislocazione scelta, è quella di rifornire almeno gli stabilimenti artigianali già esistenti nella zona industriale di San Biagio.

Paolo Calia

Legge Ammazzablog

Io il mio blog l'ho aperto da poco, ma a quanto sembra c'è in vista una legge che indende limitarne l'uso solo agli utenti che si registreranno presso l’istituendo Registro deli Operatori della Comunicazione (ROC), mi sembra una sciocchezza, che ha come unico scopo quella di limitare una delle libertà fondamentali dell'uomo, che è quella di espressione.

fonte della notizia

http://zambardino.blogautore.repubblica.it/

martedì 11 novembre 2008

Vatican vs. Obama

Non ha fatto nemmeno in tempo a prendere possesso del suo nuovo studio alla Casa Bianca, che già arrivano ad Obama le prime avvisaglie dei quanto sarà arduo il compito che dovrà affrontare il novello inquilino, ma le prime minacce non sono rappresentate da Al Kaida, o dal satana di Ahmadinejad, ma arrivano addirittura dal Vaticano, sotto forma di stop alle già restrittive leggi sulle cellule staminali embrionali.
Forse il Vaticano pensa di poter arrivare ad influenzare anche la massima carica mondiale, da come Barak si muoverà fara capire di che pasta è fatto, e non credo che le richieste delle alte sfere prelatizie troveranno quell'ampio spazio che hanno troppo facilmente trovato qui da noi.

Bell'esempio


E poi vengono a farci prediche e sermoni, anche se ne combinano di tutti i colori e quello che fanno è meglio che non si sappia in giro, tanto vengono ricompensati con presidenze ed incarichi di rappresentanza, quando non fanno di peggio, finchè continuiamo su questa strada e con questi personaggi non potremo pretendere nulla di meglio di ciò che ci siamo sempre beccati finora: peste e corna.

MILANO - Diciassette conti congelati, da "porre in collegamento con le dichiarazioni rese da Marcegaglia Antonio". È il Ministero pubblico della Confederazione elvetica, con una missiva spedita la scorsa settimana all'ufficio del procuratore aggiunto di Milano, Francesco Greco, a rialzare il sipario sui conti esteri della famiglia Marcegaglia. Una parte dei quali - quattro per la precisione - erano già stati scandagliati durante l'inchiesta Enipower, una storia di tangenti pagate per accaparrarsi commesse milionarie e che ha visto tra i numerosi protagonisti anche il rampollo della famiglia industriale mantovana. A marzo 2008 il figlio del fondatore del colosso dell'acciaio ha patteggiato una pena (sospesa) di 11 mesi per corruzione. E ha pagato oltre 6 milioni di euro. Gli inquirenti svizzeri vogliono ora capire cosa fare di quei rapporti bancari, conti da paperoni intestati anche a Steno ed Emma Marcegaglia - presidente di Confindustria - gestiti da Antonio, e finiti nel frattempo sotto la lente dell'Agenzia delle Entrate di Mantova per verificare eventuali reati fiscali. Ma di che conti si tratta? Per una decina d'anni, tra il 1994 e il 2004, il gruppo Marcegaglia era riuscito a interporre negli acquisti di materie prime e di macchinari alcune società offshore, in modo da creare fondi neri da depositare su conti esteri. Il meccanismo, noto a tutta la famiglia, era semplice: la Marcegaglia Spa non comprava direttamente l'acciaio, ma lo rilevava da alcune società di trading incaricate di riversare i margini di guadagno su appositi conti cifrati.

Dalle banche a Telecom, da Mediaset al Corriere, da Repubblica all’Eni. Sono innumerevoli i confilitti di interesse di Emma Marcegaglia, da marzo presidente di Confindustria, che da settimane riesce, nonostatante le imbarazzati vicende giudiziare che hanno coinvolto il suo gruppo, a parlare di finanza etica. Ecco come.

Emma Marcegaglia è stata promossa presidente di Confindustria il 13 marzo. Da allora non smette mai di esortare gli imprenditori all’etica negli affari. Un po’ come a dire <>, che infatti può vantare ottimi etici della finanza, a cominciare daAntonio Marcegaglia, suo fratello, il più insigne imprenditore morale del gruppo, che il 29 marzo di quest’anno ha patteggiatouna pena pecuniaria di 500mila euro per la tangente di 1 milione 158mila euro data nel 2003 al manager Enipower, Lorenzo Marzocchi, per un appalto di caldaie da 127 milioni. Antonio è il degno successore di Steno, padre di Emma, che nel 2006 è statocondannato in primo grado ha 4 anni di reclusione per bancarotta preferenziale nella vicenda del crack di Italcase. Effettivamente la moralità della famiglia Marcegaglia, per quanto non appaia proprio cristallina, non dovrebbe destare molto interesse nel mondo bisunto della finanza italiana. Emma, allora, per non lasciare dubbi su come si faccia etica negli affari, si trasforma in un ottima amica di Berlusconi, dal cui braccio si lascia cingere nelle riunioni di Confidustria come se fosse una Carfagna o una Brambilla qualunque. In effetti con Berlusconi la nostra Emma ha molto in comune, soprattutto i conflitti di interesse. In questo settore è una vera esperta.

Tanto per iniziare, come presidente di Confindustria dovrebbe tutelare gli interessi delle imprese nei confronti delle banche, soprattutto in questo periodo di crisi. Poco importa, allora, se ne controlla in modo diretto una, la Banca Popolare Società Cooperativa, e, indirettamente, almeno cinque: Banca Italease, Credito Bergamasco, Banca Popolare di Sondrio, Unicredit (e quindi Mediobanca) e, per finire, controlla indirettamente anche l’Unione di Banche Italiane (UBI, il quarto gruppo bancario italiano). Ecco, solo questa rete di collegamenti implica almeno due conflitti di interesse. Uno lo abbiamo già visto, quello tra presidenza di Confindustria e banche. Il secondo (che però ne raggruppa tanti insieme) è quello fra banche, che si suppone siano in concorrenza fra loro.

Andiamo avanti. Un presidente di Confidustria dovrebbe impegnarsi a tutelare la libera concorrenza fra imprese, che già di suo non è opera facile. Se però ci aggiungi anche che la Marcegaglia condivide un consigliere della sua Italcementi, Carlo Secchi, con Mediaset, allora la cosa diventa molto meno credibile.

Abbiamo capito, allora, perché Mediaset non dà queste notizie, ma i quotidiani? Il guaio è che la Marcegaglia c’entra pure là. Infatti controlla indirettamente sia il Gruppo Editoriale l’Espresso, editore, fra l’atro, anche di Repubblica, sia il Corriere tramite Rcs, il principale gruppo editoriale italiano (che dovrebbe, credo, essere in concorrenza con l’editore di Repubblica).

Insomma, facciamo presto a pubblicare le informazioni sulla rete, prima che la Marcegaglia raggiunga anche noi con i suoi lunghi tentacoli.



venerdì 7 novembre 2008

Abbronzatissimo

Lo scemo del villaggio un tempo nessuno lo seguiva, suscitava soltanto ilarità e tenerezza, questo qui invece sembra davvero fare sul serio, mentre la democrazia in Usa sembra aver ritrovato una degna guida, qui da noi soltanto battutacce, scemenze, razzismo, squadrismo di destra estrema e xenofoba, provincialismo e falso moralismo.
A quando la sveglia ?


La terra dei fuochi

Che Berlusconi abbia rimosso la spazzatura da Napoli è tutto da vedere, in ogni caso della situazione catastrofica del resto della Campania pochi parlano, solo il sito http://www.laterradeifuochi.it/ ha avuto il coraggio di affrontare l'argomento, ecco una breve descrizione della drammatica situazione in cui è costretta a convivere gran parte della popolazione:

Altroché Inceneritori !

Fuochi che non ci bruciano, ma ci avvelenano. Ogni giorno, centinaia di "piccoli" fuochi ardono in tutta la provincia tra Napoli e Caserta. In modo particolare, nei territori dei Comuni di Giugliano, Qualiano e Villaricca. Tristemente denominati la terra dei fuochi, anche nel best seller "Gomorra".

In questo libro, lo scrittore e giornalista Roberto Saviano ci racconta la realtà! Anzi, possiamo dire con certezza che forse è stato fin troppo "buono".

Dalle riprese effettuate e dalle prove raccolte, considerata la situazione attuale, il fenomeno è ben più grave di quanto noi stessi potevamo immaginare. Col nostro impegno, abbiamo "semplicemente" fornito e reso pubbliche le prove di tutto ciò.

In questi incendi, detti oramai roghi, si brucia di tutto. A essere dati alle fiamme sono Rifiuti Speciali.* Materiali che non andrebbero bruciati e neanche gettati in strada. Tanto meno nelle campagne, in prossimità di allevamenti, frutteti e coltivazioni di ogni genere.

Questa società sembra che non abbia più nulla di civile. Ciò nonostante, voglio essere fiducioso e ottimista. Ecco perché, insieme ad alcuni amici, abbiamo dato vita a questo spazio di denuncia e informazione.

Crediamo che le centinaia di migliaia di persone che popolano i nostri territori non siano realmente consapevoli. Infatti, anche se talvolta qualcuno vede, forse, non ha idea di quanto possa essere grave e drammatica la situazione.

Tutti devono sapere, dai "buoni" ai "cattivi".

Niente al mondo può e deve giustificare quanto sta accadendo, indisturbato, proprio sotto i nostri occhi. La mattina, come il pomeriggio. La sera, ma ancor peggio di notte. Quando il buio nasconde il fumo nero. I roghi spesso son piccoli. Nascosti in stradine di campagna, a volte inaccessibili.

Ecco perché tutto è contaminato.

C'è chi dice che tutto ciò non esiste, che non è vero. Ora BASTA ! E' inutile nascondersi dietro un dito. Tutto è INCREDIBILMENTE VERO.

A quanti non credono diciamo: chi nega l'evidenza vuole il MALE della sua TERRA, dei suoi FIGLI e di quanti la abitano.

Omertà è complicità. Silenzio è assenso.

Anche se diversi enti già conoscono il fenomeno, per dovere civile e obbligo morale, di nuovo e per l'ennesima volta ... a tutte le Istituzioni che ci rappresentano, amministrano e tutelano rivolgiamo l' ACCORATO APPELLO:

SI FERMI SUBITO QUESTO SCEMPIO !!!

Possiamo non bere l'acqua della terra in cui abitiamo. Possiamo pure non mangiare i prodotti della terra in cui cresciamo. Ma l'unica cosa di cui non possiamo fare a meno, è respirare la sua aria ! La stiamo "appestando", pur non avendo industrie.

Quand'è che ci risvegliamo ??

mercoledì 5 novembre 2008

Cosa mi dà più fastidio

Le recenti dichiarazioni a mezzo intervista di alcuni personaggi "oscuri" della storia politica del nostro paese non mi meravigliano più di tanto , la loro "visione" su quelle che dovrebbero essere le cose che secondo loro sono da attuare o i comportamenti che sarebbe opportuno adottare era già nota da tempo, Gelli che viene chiamato nell'emittente Odeon per condurre un suo programma non mi fa schifare più di tanto, Dell'Utri che in un'intervista a Klaus Davi sdogana fascismo, Mussoloni, Mangano e mafiosi vari non mi fa rabbrividire.
Ciò che mi fa più sempre più vomitare in questo paese è l'assuefazione e la totale indifferenza sotto cui passano le dichiarazioni di tali suddetti personaggi, ai quali peraltro se ne aggiunge un'ampia lista; queste cose, in qualsiasi altro paese civile genererebbero una immediata esplosiva reazione da parte di buona parte dell'opinione pubblica con la loro conseguente immediata cacciata, sia dal video che da qualsiasi altro contenitore pubblico, qui invece avviene il contrario, li si invita ad esternare opionioni o pareri quasi fossero dei guru o dei vati da ascoltare con devozione, quando per fedina penale e storia personale dovrebbero invece già da molto tempo meditare sui loro misfatti guardarando il sole a scacchi.
E' proprio vero come diceva quel tale vestito di nero : governare gli italiani non serve, è inutile.

Obama eletto 44° presidente degli Stati Uniti, tranquilli non cambia nulla

Tutti pensano che Obama possa dar vita alle aspirazioni progressiste del paese ed avvii una nuova politica che segni un punto di deciso cambiamento rispetto alla precedente e distastrosa presidenza di Busch, io credo che dopo un breve periodo di luna di miele ed effimera euforia, poco cambierà nella politica estera americana, perchè ? Leggete l'articolo che segue di Thierry Meyssan, è lungo ma conoscere la storia passata aiuta a capire quali saranno i risvolti futuri, naturalmente non rivolgo nessuna accusa da Obama, che mi sembra persona più che rispettabile e ben intenzionata, contrariamente al suo predecessore, ma credo che le lobby di potere economiche cercheranno in tutti i modi di contrastare il suo progetto politico, traendo spunto da quanto già avventuo nel passato, sotto forma di ricatti od eliminazione fisica, questi poteri forti hanno sempre raggiunto i loro sporchi fini, spero di sbagliarmi e nel caso ciò si verifichi sarò molto felice e nè farò ammenda.

Thierry Meyssan:

Come lo ''Stato profondo'' sopravvive alle alternanze dei partiti - 05/11/08




salvatore-borsellino-web3.gif

di Thierry Meyssan - da Réseau Voltaire. Scelto e tradotto per comedonchisciotte.org da Matteo Bovis

Sessanta anni di propaganda atlantista ci hanno convinto che gli Stati Uniti sono una grande democrazia. Eppure, nessun osservatore pensa che Ronald Reagan o George W. Bush abbiano esercitato appieno il potere legato alla loro funzione, e allora chi comanda? O ancora, gli osservatori concordano che una volta ricontate le schede elettorali Al Gore aveva vinto le elezioni del 2000, ma allora perché Bush occupa la Casa Bianca? Tante domande alle quali nessun giornalista desidera rispondere. Thierry Meyssan rompe il tabù.

Nel corso degli ultimi sessanta anni, gli Stati Uniti si sono dotati di quello che è stato chiamato "l'apparato di sicurezza di Stato". E' stato costituito come uno Stato dentro lo Stato, incaricato di condurre nell'ombra la Guerra Fredda contro l'URSS, poi di occupare lo spazio lasciato vacante dall'Unione Sovietica dopo il suo smantellamento e di condurre la Guerra al terrorismo. Dispone di un governo militare fantasma deputato a rimpiazzare il governo civile se dovesse accadere che questo ultimo venisse decapitato da un attacco nucleare.

Il presidente Eisenhower ha dichiarato nel suo celebre discorso di addio (17 gennaio 1961): "Nel consiglio di governo dobbiamo stare attenti all'acquisizione di una influenza illegittima, voluta o meno, da parte del complesso militar-industriale. Il rischio di uno sviluppo disastroso di un potere usurpato esiste e continuerà. Non dobbiamo mai permettere che il peso di questa unione minacci le nostre libertà o il processo della democrazia."

Ma questo avvertimento sarebbe stato insufficiente. La logica dell'"apparato di sicurezza dello Stato" ha progressivamente sommerso quella delle istituzioni civili che avrebbe dovuto proteggere. Il complesso militar-industriale ha usato il suo potere per modellare a suo vantaggio le istituzioni civili invece di servirle. In definitiva, la lobby della guerra ha falsato il processo elettorale ed è arrivato, ad ogni elezione presidenziale, a scegliere l'uomo che avrebbe occupato la Casa Bianca.

Senza eccezioni, da sessanta anni, il presidente è il candidato che più si è impegnato a realizzare le esigenze dell'"apparato di sicurezza dello Stato", e che ha ottenuto il massiccio finanziamento delle imprese appaltatrici del Pentagono. Beninteso, una volta installato nello Studio Ovale, l'eletto cerca sempre di affrancarsi dai suoi padrini e di avvicinarsi ai reali interessi del suo popolo. Tocca a lui scoprire di quali margini di manovra dispone, a rischio di perdere la sua investitura e di essere eliminato, politicamente, se non addirittura fisicamente. Del resto, il rischio di un presidente che si affranchi dallo "Stato profondo" e si mantenga tuttavia al potere, è limitato dal divieto, stabilito nella stessa epoca, di ambire a candidarsi per più di due mandati consecutivi.

In queste condizioni – come possiamo vedere – l'alternanza tra democratici e repubblicani non è per i cittadini statunitensi un mezzo per cambiare politica, ma un mezzo per "l'apparato di sicurezza dello Stato" di perseguire la stessa politica al di là dell'impopolarità di un presidente logorato. E' l'applicazione del principio che Giuseppe Tomasi di Lampedusa attribuisce al Gattopardo: "Bisogna che tutto cambi perché niente cambi e che noi si resti i padroni".

Occasionalmente lo "Stato profondo" riaffiora e lascia intravedere la sua forza. Capita a volte nel periodo di transizione tra due presidenti: una semi-vacanza del potere quando il presidente uscente amministra gli affari correnti e il presidente eletto si prepara a governare.

Nel XVIII secolo, questo periodo di transizione di 11 settimane si giustificava con il tempo necessario a stabilire i risultati [elettorali] e a costituire una squadra adeguata rispetto all'immensità del paese e alla lentezza dei mezzi di comunicazione. La prima volta si svolse nel 1797 quando John Adams succedette a George Washington. Per un secolo e mezzo, questo periodo non è stato regolato da alcuna procedura perché i due presidenti (uscente e entrante) non avevano alcun motivo per collaborare l'un l'altro. E' del tutto diverso adesso, quando questo periodo è messo a frutto dall'"apparato di sicurezza dello Stato" per presentare al nuovo inquilino della Casa Bianca quello che deve sapere dello "Stato profondo". Per comprendere il sistema, torniamo alla storia di queste transizioni.

La Guerra fredda mette la democrazia tra parentesi

Harry Truman (1945-1953) modificò profondamente la natura dello Stato federale creando al suo interno "l'apparato di sicurezza dello Stato" composto dal trittico: Consiglio dei Capi di Stato Maggiore (JCS), Central Intelligence Service (CIA) e Consiglio Nazionale per la Sicurezza (NSC). Questi opachi organismi dispongono di poteri esorbitanti, come ne esistono in tempo di guerra. Perché la loro missione era precisamente di prolungare la mobilitazione della Seconda Guerra mondiale, senza però mantenere la società civile sotto pressione, per condurre una nuova forma di guerra contro l'Unione Sovietica, la Guerra fredda.

Per "contenere" l'influenza sovietica, Truman organizza il ponte aereo verso Berlino, costituisce l'Alleanza Atlantica (NATO) e dichiara guerra alla Corea. Inoltre, estende lo "Stato profondo" USA all'interno degli Stati alleati, attraverso la creazione di reti stay-behind e la loro integrazione in seno alla CIA [1].

"L'apparato di sicurezza dello Stato" considerò che il migliore successore di Truman sarebbe stato il generale Dwight Eisenhower. Era stato il comandante supremo delle forze alleate in Europa durante la Seconda Guerra mondiale, poi della NATO. Era l'uomo adatto per proseguire la guerra di Corea fino alla vittoria. L'opinione pubblica lo adorava e lo considerava un eroe, anche se non aveva mai combattuto personalmente, né si era mai nemmeno avvicinato al fronte.

Eisenhower non era un uomo politico e, non avendo una precisa appartenenza politica, ogni partito cercava di attirarlo verso di sé. Truman lo sollecitò invano in favore dei democratici, alla fine Eisenhower aspirò all'investitura repubblicana. Concluse un accordo con questo partito secondo il quale gli sarebbero state lasciate le mani libere per condurre una politica estera anti-sovietica e "mettercela tutta" in Corea fino alla vittoria. Come contropartita, Eisenhower s'impegnò a condurre una politica conservatrice negli affari interni e in economia. Scelse come compagno di lista Richard Nixon (la cui figlia avrebbe presto sposato suo nipote); un personaggio che si era messo in luce animando la "caccia alle streghe" contro i comunisti.

Dopo che Eisenhower fu eletto, Truman prese contatto con lui per presentargli il dispositivo della sicurezza nazionale la cui esistenza era pubblica, ma il funzionamento segreto.

Eisenhower elaborò la dottrina di difesa che porta il suo nome secondo cui gli Stati Uniti non esiteranno a ricorrere alla forza, ovunque nel mondo, dove l'influenza comunista dovesse minacciare gli interessi occidentali. Inoltre, egli aggiunse al sistema di sicurezza nazionale il principio di continuità del governo. Designò, con un decreto segreto,un governo alternativo, costituito al contempo da militari e da imprenditori scelti tra i suoi amici, incaricato di prendere le redini in caso di annientamento delle istituzioni a causa di un attacco nucleare sovietico. Così, accanto al processo costituzionale relativo alla vacanza del potere, esiste fin dagli anni '50 una seconda procedura – questa volta militare-amministrativa - che può essere posta in atto in caso di apocalisse nucleare. Nel primo caso, il presidente è sostituito dal vicepresidente, poi se necessario dal presidente pro-tempore del Senato, poi da quello della Camera dei rappresentanti. Nel secondo caso, gli eletti sono corto-circuitati da un governo fantasma – la cui composizione è segreta – che sorge improvvisamente dall'ombra senza disporre di alcuna legittimità elettorale.

Tuttavia, "l'apparato di sicurezza dello Stato" rimproverò Eisenhower di non fare abbastanza, soprattutto in materia di missili, e rifiutò di sostenere il vice-presidente Nixon come successore. Preoccupato per le conseguenze sulla democrazia dal crescente potere del complesso militar-industriale, Eisenhower mise in guardia i suoi concittadini nel suo discorso di addio citato in precedenza. La lobby della guerra volse allora il suo sguardo verso il partito democratico.

E' cosi che John F. Kennedy ottenne il sostegno dell'industria degli armamenti. Per compiacerli, egli centrò la sua campagna elettorale su un presunto vantaggio che i Sovietici avrebbero acquisito in materia di missili e sulla necessità di colmare questo divario ("gap missilistico"). Inoltre, designò come compagno di lista il bellicoso leader del gruppo parlamentare democratico, Lyndon B. Johnson. In diretto collegamento con il complesso militar-industriale, Kennedy nel corso della campagna elettorale prese l'iniziativa di creare dei gruppi di lavoro per fare un bilancio della situazione e preparare le sue prime decisioni nel caso in cui fosse stato eletto. Piazzò i suoi due principali rivali alla nomination democratica alla testa dei due più importanti gruppi di lavoro, neutralizzando così anche il loro risentimento e beneficiando della loro esperienza. Creò fino a 29 gruppi tematici. Tutti i membri erano volontari. Una volta eletto, Kennedy designò l'avvocato Clark Clifford per coordinare il passaggio dei poteri con Eisenhower, poi nominò almeno un membro di ogni gruppo di lavoro nel suo gabinetto. Clifford non era stato scelto per le sue qualità di avvocato e di negoziatore, ma in quanto era un falco e un rappresentante dello "Stato profondo". Aveva partecipato a fianco a Truman alla creazione dell'"apparato di sicurezza dello Stato" ed era stato nominato da Eisenhower come ministro ombra del governo militare alternativo.

Più tardi Kennedy fece adottare il Presidential Transition Act per permettere ai successivi presidenti di seguire le sue orme beneficiando di un finanziamento federale per pagare i loro gruppi di lavoro.

Kennedy sfidò l'URSS davanti al muro di Berlino, spiegò i missili in Turchia e riuscì a dissuadere i sovietici a replicare installando i loro a Cuba. Soprattutto, lanciò i grandi programmi spaziali. Ma non tardò a rivedere al ribasso i suoi impegni. Certo, autorizzò l'invasione di Cuba, ma per ravvedersi dopo il fiasco della Baia dei Porci. Certo, mise il dito nell'ingranaggio vietnamita, ma cercò subito come impostare un ritiro. Contando sulla legittimità che gli veniva da un vasto sostegno popolare, entrò in conflitto con il suo stato-maggiore e ordinò delle inchieste sulle attività politiche di alcuni generali. In definitiva, fu assassinato a vantaggio del vice-presidente Lyndon B. Johnson – la cui cerimonia di giuramento era stata preparata proprio poco prima che Kennedy venisse ucciso – che approvò senza indugio l' escalation in Vietnam, prendendo peraltro ancora Clark Clifford come Segretario alla Difesa per realizzare questo sporco lavoro.

L'impopolarità di Johnson rendeva impossibile la sua rielezione, per cui rinunciò a ripresentarsi. Poiché il partito democratico era in mano ai pacifisti ribellatisi agli orrori del Vietnam, i falchi avevano bisogno di un'alternanza partitica per mantenersi al potere e perseguire la loro politica. La scelta cadde logicamente sull'ex vice-presidente Richard Nixon, un opportunista che conosceva già tutti i segreti.

Quando i due principali candidati ebbero ricevuta l'investitura dai rispettivi partiti, Johnson li convocò per convenire con loro i dettagli della transizione. Si trattava di una messa in scena puramente formale, ma permise al democratico Johnson di prendere contatto pubblicamente con il candidato repubblicano ancora prima che venisse eletto.

Approfittando del Presidential Transition Act , il repubblicano Nixon seguì le orme del democratico Kennedy creando 30 gruppi di lavoro per definire la sua futura politica in collegamento con lo "Stato profondo".

Nixon condusse una politica di distensione verso l'URSS e negoziò gli accordi per la limitazione della corsa agli armamenti rispettando gli interessi del complesso militar-industriale, sarebbe a dire eliminando alcune armi a favore di altre più sofisticate. Su iniziativa del suo consigliere Henry Kissinger, strinse una sorprendente alleanza con la Cina comunista per isolare Mosca. Tuttavia, rinunciò a vincere in Vietnam e "l'apparato di sicurezza dello Stato" gliela fece pagare organizzando una procedura di destituzione in occasione dello scandalo del Watergate. Il n. 2 dell'FBI in persona, Mark Felt (alias "Gola profonda") diffuse per mesi informazioni devastanti al Washington Post.

Costretto, Nixon preparò in segreto le sue dimissioni e non avvertì che all'antivigilia il vice-presidente Gerald Ford. I due uomini conclusero un accordo: Ford avrebbe occupato lo Studio Ovale in cambio della grazia e della fine di ogni azione giudiziaria. Ford accettò. Aveva già sentito cambiare il vento e aveva radunato attorno a sé una piccola squadra, ma questa fu istantaneamente dissolta. Un importante membro dell'"apparato di sicurezza dello Stato", l'ambasciatore degli Stati Uniti in seno alla NATO, Donald Rumsfeld (avversario di Kissinger), fu richiamato d'urgenza per assicurare la transizione. Aiutò a costituire una nuova squadra dosando vecchi collaboratori di Nixon e uomini nuovi. La cosa era più complicata di quanto sembrasse perché si trattava di sanzionare la politica perdente del Vietnam incarnata da Kissinger, mantenendo tuttavia l'influenza dell'industria degli armamenti incarnata dallo stesso Kissinger (che era stato il segretario generale dell'American Security Council, all'epoca il principale organizzatore del complesso militar-industriale). Ford designò Nelson Rockfeller come nuovo vice-presidente. Non si trattava solo dell'erede della più importante dinastia industriale del paese, ma anche il vecchio padrone delle operazioni segrete dell'"apparato di sicurezza dello Stato" sotto Eisenhower. Rapidamente Ford si rese conto che gli antichi collaboratori di Nixon portavano con sé l'immagine del Watergate e chiese a Rumsfeld di concludere il suo lavoro. Questi divenne quindi il segretario generale della Casa Bianca. Ringraziò brutalmente gli ultimi nixoniani, eccettuato Kissinger, e fece nominare George H. Bush capo della CIA. Con l'aiuto di questo ultimo, Rumsfeld mise in piedi una commissione di valutazione della minaccia sovietica ("la squadra B") che non mancò di gridare "al lupo" e di rilanciare la corsa agli armamenti.

L'immagine di Ford era disastrosa. L'opinione pubblica vedeva in lui un intrallazzatore che aveva graziato Nixon per succedergli, mentre "l'apparato di sicurezza dello Stato" voleva cancellare l'umiliante immagine della caduta di Saigon alla quale [Ford] era associato (anche se non era che la conseguenza della pace voluta da Nixon). Ford non disponeva di sufficiente legittimità per prendere iniziative più ampie. "Lo Stato profondo" aveva quindi bisogno di un nuovo presidente democratico. Questi fu Jimmy Carter, un protetto di David Rockfeller (il fratello del vice-presidente Nelson Rockfeller), capace nel contempo di girare pagina sui crimini precedenti e di tenere testa all'URSS.

Carter scelse come consigliere alla sicurezza nazionale Zbignew Brzezinski [2], il segretario generale della Commissione Trilaterale, il think tank dei Rockfeller. Aveva teorizzato una versione moderna del "contenimento" dell'Unione Sovietica, ridando anche vigore alla dottrina dell'"apparato di sicurezza dello Stato". Su questa base, diminuì l'influenza sull'America del Sud (rinegoziazione dello statuto del canale di Panama e fine delle dittature militari) e la spostò verso l'Asia centrale (guerra d'Afghanistan contro i sovietici). E' in questa occasione che ingaggiò Osama Bin Laden e sviluppò il sostegno USA alle organizzazioni estremiste sunnite anticomuniste.

Sfortunatamente la credibilità degli Stati Uniti fu subito incrinata dall'affare degli ostaggi all'ambasciata di Teheran. Soprattutto, dopo le rivelazioni delle commissioni parlamentari d'inchiesta, il battista Carter si mise in testa di moralizzare la CIA sulla scia della pulizia seguita al Watergate. Minacciato da questa pretesa, "l'apparato di sicurezza dello Stato" organizzò una campagna mediatica contro di lui, accusandolo di essere affetto da "sindrome vietnamita". Poi, si mise a cercare un repubblicano con cui sostituirlo. In definitiva, lo "Stato profondo" organizzò il ticket Reagan-Bush (questo ultimo ancora a capo della CIA). Per la prima volta nella storia degli Stati Uniti, il vice-presidente era l'uomo forte mentre il presidente non era che un attore di Hollywood che recitava un ruolo d'immagine [3].

Reagan e Bush designarono un triumvirato per organizzare la transizione: Ed Meese doveva preparare le nomine e il programma, l'avvocato William Casey si occupava delle relazioni con "l'apparato di sicurezza dello Stato", mentre il brillante James Baker faceva un po' di tutto. In realtà, Casey era stato il funzionario incaricato di Reagan quando, anni prima a Hollywood, era diventato il padrino del Comitato internazionale dei rifugiati (International Refugee Committee), una vetrina anticomunista della CIA. E, appena possibile, Reagan nominò Casey direttore dell'Agenzia.

Sopraggiunse presto il triste episodio del tentativo di assassinio contro Ronald Reagan ad opera di un amico dei Bush. L'attentato fallì, ma Reagan capì il messaggio e lasciò i problemi della difesa interamente nelle mani del suo vice-presidente.

E' durante questo periodo che fu sviluppata la procedura di continuità del governo. Il governo militare di sostituzione, creato da Eisenhower, fino a quel momento si limitava a delle indicazioni. Si decise di dargli corpo. Fu costituita una squadra permanente e costruiti o ristrutturati giganteschi bunkers per metterla al riparo insieme ai dirigenti sopravvissuti: Cheyenne Mountain, Raven Rock (detto "sito R") e Mount Weather. Reagan installò un sistema di sorveglianza del governo civile in maniera da poter seguire in tempo reale tutti gli affari in corso e proseguire l'azione di governo senza un minuto di interruzione in caso di apocalisse nucleare. Due volte all'anno, furono organizzate esercitazioni di simulazione della continuità di governo.

In tutta fiducia, "l'apparato di sicurezza dello Stato" sostenne il vice-presidente Bush nella successione a Reagan. Il collegamento tra lo "Stato profondo" e la squadra della campagna [elettorale] fu assicurata da un membro del Consiglio nazionale di sicurezza, il generale Colin Powell.

Nel 1989-91, i "guerrieri freddi" assistettero alla caduta dell'Unione Sovietica, che avevano sempre desiderato ma che li lasciò spiazzati. "L'apparato di sicurezza dello Stato" aveva compiuto la sua missione. Per 45 anni, uomini sinceri avevano creduto di difendere il loro paese manipolando le istituzioni e mettendo tra parentesi la democrazia. Come aveva previsto Dwight Eisenhower, alcuni avevano troppo assaporato il potere per accettare di allontanarsene. Privato della sua ragion d'essere, lo "Stato profondo" restava in piedi. Ma a quale prezzo?

In mancanza di nemici, "l'apparato di sicurezza dello Stato" entra in guerra con se stesso.

George H. Bush Sr. ebbe il pesante compito di definire gli obiettivi degli Stati Uniti nel mondo post sovietico. Non senza esitazioni, egli immaginò la costruzione di un "nuovo ordine mondiale" favorevole ad una dominazione economica globale degli Stati Uniti. Ordinò una riduzione nelle dimensioni dell'esercito e studiò la possibilità di una riconversione dell'"apparato di sicurezza dello Stato" per lottare contro l'emergenza di nuovi competitori. Davanti a questa minaccia esistenziale, lo "Stato profondo" suscitò un'alternanza tra i partiti.

I giornalisti trotskisti che la CIA aveva un tempo reclutato per lottare all'interno della sinistra contro l'influenza sovietica erano passati al partito repubblicano sotto il nome di "neo-conservatori". Erano diventati i propagandisti della lobby della guerra. Come banderuole che girano al vento, si rivoltarono contro Bush Sr. rimproverandogli di non aver approfittato della fine dell'URSS per rovesciare Saddam Hussein alla fine della Tempesta sul Deserto e esortando a votare l'unico candidato capace di compiere la guerra ventura in Jugoslavia, Bill Clinton.

Perfettamente cosciente dell'occasione che gli si offriva, il governatore Clinton fece la sua campagna sulle nuove minacce e sulla necessità di fare i gendarmi in Jugoslavia. Propose anche di modernizzare l'esercito adattandone la gestione alle evoluzioni sociali, il che significava tra l'altro l'apertura alle donne e agli omosessuali. Bush Sr., che era il presidente degli Stati Uniti più popolare del XX secolo (90% di consensi!) sottostimò la capacità dei "guerrieri freddi" di scalzarlo. Per privarlo di una parte dei suoi voti, essi finanziarono la candidatura indipendente di Ross Perot, un miliardario che era servito da copertura per una operazione di salvataggio delle Forze speciali in Iran. Bush Sr. fu battuto.

Bill Clinton si oppose a togliere l'embargo contro l'Iraq dopo che Saddam Hussein si fu conformato alle risoluzioni ONU, affamando così la popolazione e provocando almeno 500.000 morti. Tuttavia, frenò il riarmo (particolarmente bloccando il progetto dello scudo spaziale) e si rifiutò di lanciare l'operazione in Jugoslavia in vista della quale "l'apparato di sicurezza dello Stato" l'aveva sostenuto. Peggio, nel 1995, in occasione di un'esercitazione, scoprì la composizione del governo ombra che "l'apparato di sicurezza dello Stato" aveva costituito per rimpiazzarlo. Era diretto dall'ex ministro della Difesa Donald Rumsfeld e comprendeva alcuni suoi collaboratori come il capo della CIA, James Woolsey. Per essere pronti al cambio di consegne, queste persone spiavano in continuazione il governo civile di cui intercettavano tutte le comunicazioni e tutti i documenti. Considerando che questo dispositivo della Guerra fredda era obsoleto, Clinton – che rifiutò di essere un presidente usa e getta – ordinò lo scioglimento della struttura. Mal gliene incolse.

Il conflitto apertosi a quell'epoca ha cominciato a rodere gli Stati Uniti dall'interno, con alcuni responsabili dello "Stato profondo" trascinati dall'ebbrezza del potere mentre altri cercavano di arrestare questa deriva infernale. Questa lacerazione spinge inesorabilmente gli Stati Uniti verso la disintegrazione o la dittatura.

Passato in totale clandestinità, in parte replicato in Israele, lo "Stato profondo" USA ordì un complotto contro Bill Clinton. Intrappolato nel 1995 in una scandalo sessuale da una stagista israeliana alla Casa Bianca, Monica Lewinsky, fu sottoposto a una procedura di impeachement nel 1998-99. Ma, a differenza di Nixon che non aveva margini di manovra, Clinton fece marcia indietro. Quando la Camera dei rappresentanti si accingeva a votare la sua destituzione, ristabilì il governo ombra e fu salvato dal Senato. Poi, ordinò il bombardamento della Serbia per opera della NATO.

Comunque sia, dopo questo braccio di ferro, per "l'apparato di sicurezza dello Stato" non era il caso di accettare che il vice-presidente Albert Gore succedesse a Clinton. Ma il sistema così ben rodato della continuità politica si inceppò. Il candidato dell'"apparato di sicurezza dello Stato", il repubblicano John McCain, perse una primaria decisiva, passando la mano a una personalità poco credibile, George W. Bush Jr. Nella più grande precipitazione, fu fatto di tutto per inquadrare questo candidato inaspettato. Formò un ticket con Dick Cheney, il gran sacerdote del partito repubblicano e uno degli uomini dello "Stato profondo". Gli fu dispensata una formazione accelerata da parte di un gruppo di specialisti, i Vulcaniani (dal nome del dio che forgia le armi dell'Olimpo), guidato dall'inossidabile Henry Kissinger e dalla sovietologa Condoleeza Rice. Fu raccolto un mare di dollari per la campagna elettorale. Inutilmente. Bush Jr. fu battuto dal Al Gore. Lo "Stato profondo" fu allora costretto a truccare il risultato dello scrutinio in maniera visibile e poco gloriosa e, non essendo riuscito a farlo eleggere, fece nominare il nuovo presidente dalla Corte Suprema.

La transizione Clinton-Bush Jr. fu una lunga crisi. Durante la contestazione dei risultati, i fondi destinati ai gruppi di lavoro, di cui al Presidential Transition Act , furono congelati e gli immensi locali previsti per accoglierli furono chiusi. L'amministrazione Clinton dovette prendere misure di sicurezza eccezionali per proteggere il vice-presidente Gore. In definitiva, questo ultimo gettò la spugna dopo aver ricevuto serie minacce contro la sua famiglia. Il ticket Bush Jr.-Cheney arrivò alla Casa Bianca. Come all'epoca del ticket Reagan-Bush Sr., il vero potere toccava al vice-presidente. Uscito un'altra volta dall'ombra, Donald Rumsfeld fu nominato segretario alla Difesa mentre Colin Powell prendeva la segreteria di Stato e Condoleeza Rice il Consiglio nazionale di sicurezza. Qualche mese dopo, "l'apparato di sicurezza dello Stato" organizzava gli spettacolari attentati di New York e Washington, rilanciando così il militarismo statunitense, questa volta contro un avversario immaginario: il terrorismo islamico.

Lungi dal render eterno il sistema, le forzature successive del complotto Lewinsky del 1995-99, delle elezioni truccate del 2000 e degli attentati del 2001, hanno accelerato la sua disintegrazione interna post Guerra fredda. L'inadeguatezza delle truppe USA alla colonizzazione dell'Iraq e dell'Afghanistan ha portato a una catastrofe paragonabile a quella del Vietnam. Il progetto del vice-presidente Cheney di prendere l'Iran come preda successiva ha suscitato l'ammutinamento di una parte dello stato-maggiore, preoccupato di questa sovraesposizione [4]. Per la prima volta, "l'apparato di sicurezza dello Stato" è diviso, in guerra contro se stesso. Per succedere a George Bush, le due fazioni hanno ciascuna il proprio candidato. E non si capisce molto bene come i Clinton possano sperare di approfittare di questa divisione per prendere la loro rivincita e spingere Hillary fino allo Studio Ovale. Gli ammutinati sostengono Barak Obama con il progetto di un parziale ritiro dall'Iraq in accordo con l'Iran e dell'attacco al Pakistan; mentre il clan di Cheney sostiene John McCain nella speranza di prolungare l'invasione dell'Iraq e di continuare con il rimodellamento del Medio Oriente.

Nessuno di questi due candidati ha un progetto per riconciliare le opposte fazioni in seno all'"apparato di sicurezza dello Stato". Per questo, chiunque sia il nuovo inquilino della Casa Bianca, non potrà arrestare l'implosione del sistema.

Si può deplorare lo sviluppo dell'"apparato di sicurezza dello Stato", ma bisogna riconoscere che rispondeva ad una logica. Si può capire come la democrazia sia stata messa tra parentesi durante la Seconda Guerra mondiale e il suo prolungamento, la Guerra fredda, ma non esiste alcuna giustificazione alla situazione attuale. In definitiva, le contraddizioni interne del sistema hanno raggiunto il parossismo quando i cantori dell'"apparato di sicurezza dello Stato" hanno avuto la pretesa di democratizzare il mondo con le armi.

Thierry Meyssan. Analista politico, fondatore del Réseau Voltaire

Note:
[1] « Stay-behind : les réseaux d'ingérence américains » [Stay-behind : le reti di ingerenza americane], di Thierry Meyssan, Réseau Voltaire , 20 agosto 2001. Vedere soprattutto il testo di riferimento: NATO's Secret Army : Operation Gladio and Terrorism in Western Europe , del professor Daniele Ganser. Versione francese Les Armées Secrètes de l'OTAN , Edizioni Demi-Lune, 2007. Disponibile per corrispondenza attraveso la Libreria del Réseau Voltaire. Intervista di Silvia Cattori con l'autore : « Le terrorisme non revendiqué de l'OTAN » [Il terrorismo non rivendicato della NATO], Réseau Voltaire , 29 settembre 2006.

[2] « La stratégie anti-russe de Zbigniew Brzezinski » [La strategia anti-russa di Zbigniew Brzezinski] , di Arthur Lepic, Réseau Voltaire , 22 ottobre 2004.

[3] « Ronald Reagan contre l'Empire du Mal » [Ronald Reagan contro l'Impero del Male], Réseau Voltaire , 7 giugno 2004.

[4] « Washington décrète un an de trêve globale » [Washington decreta un anno di tregua globale], di Thierry Meyssan, 3 dicembre 2007.

di Thierry Meyssan
Réseau Voltaire
Titolo originale: " La continuité du pouvoir US, derrière la Maison-Blanche "
Fonte: http://www.voltairenet.org/
24 febbraio 2008
Scelto e tradotto per comedonchisciotte.org da Matteo Bovis

Decreto Gelmini




































Ecco ciò che in realtà nasconde il decreto Gelmini: sotto forma di ritorno ai grembiulini, del ripristino del voto in pagella, della bocciature nel caso di 5 in condotta, si cela il tentativo subdodo, con il ripristino del maestro unico (quindi facilmente malleabile) e della conseguente riduzione dell'orario di insegnamento di dirottare gran parte degli alunni verso scuole private, cioè di creare una scuola di partito, oltre ad ottenere attraverso la riduzione di 87.000 insegnanti un notevole risparmio finanziario, vero obiettivo di Tremonti.
Ecco ciò che Pietro Calamandrei, pronunciò nel discorso al III Congresso dell'Associazione a difesa della scuola nazionale (ADSN), Roma 11 febbraio 1950:

Ma c'è un'altra forma per arrivare a trasformare la scuola di Stato in scuola di partito o di setta. Il totalitarismo subdolo, indiretto, torpido, come certe polmoniti torpide che vengono senza febbre, ma che sono pericolosissime. Facciamo l'ipotesi, cos" astrattamente, che ci sia un partito al potere, un partito dominante, il quale però formalmente vuole rispettare la Costituzione, non la vuole violare in sostanza. Non vuol fare la marcia su Roma e trasformare l'aula in alloggiamento per i manipoli; ma vuol istituire, senza parere, una larvata dittatura. Allora, che cosa fare per impadronirsi delle scuole e per trasformare le scuole di Stato in scuole di partito? Si accorge che le scuole di Stato hanno il difetto di essere imparziali. C'è una certa resistenza; in quelle scuole c'è sempre, perfino sotto il fascismo c'è stata. Allora, il partito dominante segue un'altra strada (è tutta un'ipotesi teorica, intendiamoci).

Comincia a trascurare le scuole pubbliche, a screditarle, ad impoverirle. Lascia che si anemizzino e comincia a favorire le scuole private. Non tutte le scuole private. Le scuole del suo partito, di quel partito. Ed allora tutte le cure cominciano ad andare a queste scuole private. Cure di denaro e di privilegi. Si comincia persino a consigliare i ragazzi ad andare a queste scuole, perché in fondo sono migliori si dice di quelle di Stato. E magari si danno dei premi, come ora vi dirò, o si propone di dare dei premi a quei cittadini che saranno disposti a mandare i loro figlioli invece che alle scuole pubbliche alle scuole private. A "quelle" scuole private. Gli esami sono più facili, si studia meno e si riesce meglio. Cos" la scuola privata diventa una scuola privilegiata. Il partito dominante, non potendo trasformare apertamente le scuole di Stato in scuole di partito, manda in malora le scuole di Stato per dare la prevalenza alle sue scuole private.

Attenzione, amici, in questo convegno questo è il punto che bisogna discutere. Attenzione, questa è la ricetta. Bisogna tener d'occhio i cuochi di questa bassa cucina. L'operazione si fa in tre modi: (1) ve l'ho già detto: rovinare le scuole di Stato. Lasciare che vadano in malora. Impoverire i loro bilanci. Ignorare i loro bisogni. (2) Attenuare la sorveglianza e il controllo sulle scuole private. Non controllarne la serietà. Lasciare che vi insegnino insegnanti che non hanno i titoli minimi per insegnare. Lasciare che gli esami siano burlette. (3) Dare alle scuole private denaro pubblico. Questo è il punto. Dare alle scuole private denaro pubblico! Quest'ultimo è il metodo più pericoloso. » la fase più pericolosa di tutta l'operazione [...]. Questo dunque è il punto, è il punto più pericoloso del metodo. Denaro di tutti i cittadini, di tutti i contribuenti, di tutti i credenti nelle diverse religioni, di tutti gli appartenenti ai diversi partiti, che invece viene destinato ad alimentare le scuole di una sola religione, di una sola setta, di un solo partito [...].

Mondoroverso

Il titolo di questo blog da già l'idea di ciò che l'autore vuole esprimere: l'esatta interpretazione dei fatti, null'altro che questo, senza volermi atteggiare a censore o detentore della verità unica, cercherò attraverso l'analisi e la verifica di cercare quelle che sono le altre verità che le versioni ufficiali spesso non ci sanno, nè ci vogliono dare, giungendo ad una mia interpretazione e spiegazioni dei fatti, spesso nascosti da una coltre di fumo e di inganno.